giovedì 30 novembre 2017

Il Galeone di Punta Pietre Nere, 1810. Una battaglia da Master and Commander

26 Maggio 1810:

Un convoglio commerciale francese composto da 20 navi, mentre costeggia l'Adriatico navigando verso Sud, viene intercettato e seguito da una flotta di fregate inglesi.
 I francesi essendo più pesanti, perdono lunghezze e decidono di rifugiarsi nel porto di Acquarotta nei pressi di Lesina (porto all'epoca presidiato militarmente dai soldati di Torre Fortore).
L'indomani gli inglesi decidono di attaccare ma vengono respinti dalle navi francesi che, durante la notte, hanno imbarcato soldati e armamenti.
 Vengono disposti soldati anche a terra che con il loro fuoco costringono gli inglesi ad allontanarsi dalla costa.
 Un briggs viene colpito e non avendo più governo è costretto alla resa, colando a picco nelle acque di Punta Pietre Nere.

(Dal Journal de Lyon, 1810 e 1812)


Di quella nave distrutta non si ebbe più notizia, fino a quando negli anni '50  fu riscoperta come il famoso "Galeone di Punta Pietre Nere".
Molti lesinesi se lo ricordano, infatti, era visibile fino alla metà degli anni '80.
 Era ormai insabbiato e corroso, ma in quelle acque a pochi metri di profondità, si notavano ancora le sue ordinate in legno per una lunghezza di oltre 20 metri.

Durante il suo ritrovamento, alcune colubrine (cannoni) furono portate a Lesina. Una finì davanti all'ingresso del Comune e le altre andarono al Museo di Capodimonte a Napoli. 
Negli anni successivi e con lo smuoversi del fondale, la nave rimase in preda ai primi capitati che smantellarono del tutto i resti del relitto.
 Chiacchiere di piazza raccontano di ritrovamenti di sciabole, palle di cannone e addirittura una targa in ottone o bronzo con su scritto il nome della nave. Il tutto però, non è stato restituito alla storia del nostro piccolo paese.

Anche il cannone del Comune è sparito, buttato chissà in quale magazzino comunale (speriamo).
Fatto sta che cercheremo di capire dov'è.
 Sarebbe bello infatti rivederlo dopo tanto tempo e magari esporlo nelle vicinanze della Rosa dei Venti  sul Lungolago, giusto per fantasticare un po sul conto della battaglia consumatasi dinanzi le nostre coste tra tutte quelle meravigliose navi.






domenica 12 novembre 2017

Civita a Mare, la vera parte di Lesina scomparsa (parte 2)

Siamo immersi nella piena Epoca Romana e precisamente tra il I e il III secolo d.C.
 Alexina, immersa in un lacus pantanus dalla morfologia diversa da quella che vediamo oggi, non è ancora nata a tutti gli effetti, anche se annovera i lavorieri di San Clemente e due importanti Villae: una a Sud tra Piazza Italia, le Scuole Medie e il "Tratturo dei Greci" e l'altra su contrada Porcareccia nel Boscoisola.( esisterebbero anche altri insediamenti, ma minori)

Il Gravina, durante il 17° Convegno Archeologico Nazionale tenutosi a San Severo nel 1996, attesta che nella zona ormai urbanizzata a Sud di Lesina, sono state trovate alcune tombe romane, mentre, tra il cimitero e Cammarata, si notano sul terreno altri cocci di quell'epoca.
Sulle dune del boscoisola invece, lasciano segni importanti la grande "Fattoria" di Porcareccia e quella di Cauto.
 Tra i rinvenimenti più importanti di Porcareccia, si attesta un pavimento in mosaico e dei muri appartenenti a delle costruzioni visibili anche da foto aeree che però non postiamo per privacy del proprietario del terreno. Analoga cosa in contrada Cauto a pochi km da Torre Scampamorte dove però, lavori eseguiti in passato, hanno totalmente distrutto il sito.

Secondo il Gravina, il Russi e l'Alvise, molto più popolosa e ricca è invece la già nata Civitas Mari con il suo antico porto. E' servita da più di una strada, tra cui quella che porta direttamente a Teanum Apulum, il centro cittadino più importante della zona. La Civitas ha un carattere prevalentemente agricolo, ma la Villae di Masseria Paradiso, descritta nella prima parte, ne testimonia una vita non priva di ricchezze.
Attorno al porto e lungo il Fortore nascono parecchie fabbriche legate al commercio e alla marineria. Addirittura in contrada Rivolta ( zona per intenderci in fondo alla strada difronte l'Albatros), dov'è un'ipotetico collegamento con Fiume Morto ( altro braccio dell'antico Fortore), sono state trovate negli anni 50 altre tombe e monete di bronzo ed argento appartenenti al conio della Tiati dauna( ex Teanum Apulum). III Sec. a.c.


Altre costruzioni di carattere "industriale" nascono sulla riva opposta del Fortore, in linea d'aria a 4/5 km dalla Villae di Masseria Paradiso.
Qui in passato sono state trovate anfore, terracotte di varie epoche e resti di varie costruzioni.
Costruzioni particolarmente estese che furono distrutte da una cava li presente negli anni 70'. Stessi anni in cui altre pertinenze della necropoli di Paradiso furono distrutte dalla costruzione della Statale 16, Autostrada A14 e un'azienda agricola del luogo.
 Durante la costruzione di queste strutture moderne furono ritrovate paste vitree, ceramiche, delle colonne in marmo e altri cippi funerari che però finirono sul mercato nero. Tutte a testimonianza della ricchezza del luogo.
Molto probabile che anche il Cippo funerario della Matrona Pomponia Drusilla provenga da quella Necropoli e che i Lesinesi se ne siano impossessati successivamente ad una decadenza della città di Civita a Mare.
Di questo però non si hanno fonti certe. L'unica fonte certa è che quel cippo fu usato dai Lesinesi nel 1700 come piedistallo ad una statua di San Michele.  clikka qui per saperne di più.

Seguici la storia non è finita....se ti sei perso la prima parte clikka qui


 

mercoledì 8 novembre 2017

Civita a Mare, la vera parte di Lesina scomparsa ( parte 1)

Tutte le leggende hanno fondamento nella Storia! Ed è il caso della leggenda di Lesina scomparsa nelle acque del lago che ci raccontavano gli anziani, magari facendo riferimento all'Isolotto di San Clemente e le sue pertinenze.
 In realtà nella nostra zona esiste una città scomparsa ed è questa che sicuramente ha dato origine alla leggenda della Lesina inghiottita dalle acque.

Civita a Mare, Cioè vicino al mare, borgo delle Due Sicilie, Prov. di Capitanata, in riva al mare Adriatico, due miglia ad occidente della foce del Fortore, e dieci a Levante da Termoli. Vi si contano nulla più di duemila abitanti, dediti in gran parte alla pesca, alla coltura delle viti, degli ulivi e dei gelsi. La vicina spiaggia è nella maggior parte coperta da boschi. Tale costituzione di vegetazione trovasi egualmente tra la foce del Biferno e quella del Fortore, fra di loro distanti 10 miglia nel di cui spazio sorge questo borgo.

Così recita a riguardo di questa città, Giovanni B. Rampoldi nelle sue descrizioni topografiche del 1834 in "Corografia dell'Italia".
Questa città scomparsa nella metà del 1800 in realtà, era uno scalo e porto marittimo sul mare Adriatico a poca distanza dalla foce del Fortore.

Nasce tra il IV e il III secolo a.c. da mano Dauna per servire le città affacciate sul Fortore. In primis la Città di Tiati, fino ad arrivare alla più popolosa ed affermata Luceria.

In epoca Romana, Civitas Mari, continua il suo compito portuale servendo anche le grandi Villae  presenti in loco, tra cui la Villae situata presso Masseria Paradiso, scoperta durante i lavori di costruzione della Statale 16 nel 1963 e purtroppo distrutta dai lavori stessi.
 In quei punti infatti, furono trovati cinque muri in opus incentrum, un pavimento in cocciopesto su un allettamento di malta e ciottoli, dei mattoni, tegole, fistule in piombo, resti di ceramiche e basamenti di colonne in marmo.

Nelle pertinenze ipotizzate appartenenti alla Villae di Masseria Paradiso, esiste ancora un terreno dov'è possibile trovare resti di una necropoli con cocci di vasellame sparsi per oltre cinque ettari. Estensione attribuibile solo ad una Villae molto importante. Ed è a quel luogo che Lesinabloggata geocontestualizza la provenienza del Cippo della "Pomponia Drusilla" in nostro possesso e ubicato sulla piazza antistante il Comune( ma di questo ne parleremo in altri post).




A quanto pare e dalle testimonianze presenti, Civita a Mare doveva essere una zona molto popolosa e prestigiosa. Zona che, in epoca preromana e romana, si estendeva da Ripalta fino alla foce del Fortore, allargandosi fino ai piedi di quello che rimane del Monastero di Sant'Agata. Non a caso alcuni indizi dell'importanza della zona e delle strutture esistite, segnano ancora oggi il terreno, ed in alcuni casi gli indizi si delineano soprattutto nella fotografia aerea.

 Civita a Mare la ritroviamo anche segnalata in una delle mappe più belle della nostra Capitanata. La mappa, nello scorcio qui sotto, del navigatore e topografo olandese  Willem Blaeu. (mappa del 1630, ovvero tre anni dopo il devastante e terrificante terremoto che mise in ginocchio l'intera Capitanata) Oltre a mostrare l'esatta collocazione della città, indica perfino la diversa configurazione del territorio dall'attuale, indicando Punta Pietre Nere come un'isola e la foce del Fortore sdoppiata.
Continua nei prossimi post. Seguici e non dimenticare di darci il tuo like sulla pagina Facebook.